Michele Buoninconti, secondo il giudice, riteneva che la moglie fosse una “madre inadeguata”, nonché “una donna infedele e inaffidabile”. Emerge poi che sarebbe stata uccisa per asfissia sul letto coniugale
Il movente dell’omicidio di Elena Ceste da parte del marito “va ricercato nell’odio maturato nel tempo”. Lo scrive il Gip Giacomo Marson, del tribunale di Asti, nell’ordinanza di custodia cautelare per Michele Buoninconti. L’uomo, secondo il giudice, riteneva che Elena “fosse una moglie e una madre inadeguata”, nonché “una donna infedele e inaffidabile, dedita a coltivare rapporti virtuali con il computer e, quindi, da raddrizzare”.
“Indizi contro il marito numerosi e pregnanti” – “Tutti gli elementi raccolti nel corso delle indagini” indicano “Michele Boninconti come l’autore delle gravissime condotte che gli vengono attribuite”, aggiunge il Gip sottolineando che ciò emerge “in maniera dirompente”. Ma non solo: gli indizi nei confronti dell’uomo, scrive ancora il Gip “non sono soltanto numerosi, ma anche particolarmente pregnanti”.
“Ha messo in piedi un castello di menzogne” – Michele Boninconti ha messo in piedi un “castello di menzogne” e ha posto in essere “vani tentativi di depistaggio” per allontanare da se il sospetto di aver ucciso la moglie, aggiunge il Gip di Torino sottolineando che “la condotta dell’indagato dimostra che la scomparsa ed il successivo ritrovamento del cadavere non sono stati il frutto di accadimenti accidentali né di scelte estreme volontariamente intraprese” dalla donna, “ma sono ascrivibili ad un evento del tutto estraneo alla sua sfera di dominio”.
“Ha condizionato i figli per depistare le indagini” – Inoltre Michele Buoninconti si è comportato in modo da “condizionare i propri figli” per depistare le indagini “offrendo un modello familiare diverso dal reale”. Il giudice parla di “metodo sottilmente intimidatorio”.
“Elena Ceste uccisa per asfissia su letto coniugale” – Secondo il Gip, la donna è stata uccisa nel letto coniugale, “sorpresa e assassinata dal marito” dopo essersi occupata “della propria igiene personale” e prima ancora di potersi rivestire. Il giudice ritiene che l’omicidio sia “ragionevolmente avvenuto per asfissia”.
“Corpo denudato e poi gettato nel fiume” – Subito dopo esser stata uccisa Elena Ceste fu “denudata” e gettata nel Rio Mersa. “Il mancato rinvenimento di brandelli di tessuto, bottoni, fibbie – afferma il giudice alla luce delle perizie effettuate – evidenzia che la persona offesa non poteva indossare alcun tipo di abito nel momento in cui il suo corpo è stato immerso nel rigagnolo”. Inoltre, prosegue, al momento dell’allontanamento “la vittima non portava certamente gli occhiali, che sono stati rinvenuti nella medesima abitazione e che pure le erano indispensabili in quanto presentava un rilevante deficit visivo”.
Tratto da www. tgcom24.mediaset.it