Lega: Nello scontro Salvini-Tosi scoppia il ‘caso Isoardi’

COMBO SALVINI ISOARDI

Pd-Ap, Rai chiarisca se presentatrice è in “conflitto interessi”. Segretario della Lega: “Una follia”
Irrompe un “caso Isoardi”, nello scontro tra il segretario della Lega Matteo Salvini e il sindaco di Verona Flavio Tosi.

Elisa Isoardi, presentatrice di RaiUno e fidanzata presunta di Salvini, ha polemizzato ieri nel suo programma “A conti fatti” con il capo ufficio stampa del Comune di Verona.

E l’episodio non è sfuggito ad alcuni parlamentari di Partito democratico e Area popolare, che sollevano il sospetto di un “conflitto d’interessi” della Isoardi nello svolgere il suo lavoro sugli schermi della tv pubblica. “Siamo alla follia”, bolla il tutto il leader del Carroccio.

Sono le 11 di lunedì quando Isoardi, ex Miss cinema e conduttrice di una trasmissione che si occupa di consumi, porta all’attenzione del pubblico di RaiUno la protesta di un gruppo di pensionati coltivatori di orti urbani a Verona, che lamentano una tassa da 15 euro introdotta dal sindaco Tosi. Poco dopo telefona il capo ufficio stampa del Comune, Roberto Bolis, con il quale, annota il senatore Ncd Salvatore Torrisi, Isoardi “polemizza pesantemente”. E il caso finisce in Parlamento.

L’ex miss aveva infatti dichiarato di avere una frequentazione con Salvini. E anche se il leader leghista, qualche giorno dopo la “rivelazione”, ha bollato come “voci giornalistiche” le notizie della relazione, tanto è bastato a sollevare il sospetto di alcuni parlamentari che la conduttrice sia intervenuta in aiuto di Salvini sfruttando il suo spazio nella tv pubblica.

“E’ molto grave – denuncia Torrisi – Non vorremmo che trasmissioni possano essere utilizzate per regolare conti all’interno di partiti. La Rai chiarisca”.

In un’interrogazione altri senatori di Ncd (Laura Bianconi, Federica Chiavaroli e Luigi Marino) chiedono alla Rai “quali misure intenda prendere”. E anche il Pd accende i fari sulla vicenda, con interrogazioni alla Camera e al Senato, di Ernesto Magorno e Laura Cantini. “La polemica – scrive Cantini – apparirebbe senza precedenti per la trasmissione e per la conduttrice, i cui toni normalmente sono ben diversi, alla vigilia della campagna elettorale in Veneto”. Insomma, nasce da un “conflitto d’interessi” affettivo la “virulenza” mostrata da Isoardi sulla vicenda degli orti urbani di Verona? Deputati e senatori della maggioranza chiedono una risposta in Parlamento.

Tratto da www. ansa.it

Libia, Renzi: «Non è il momento di un intervento militare»

renzi
Il premier auspica: «Saggezza, prudenza e nessuna reazione isterica»
E chiede di aspettare l’Onu: «Le Nazioni unite sono più forti dei miliziani dell’Isis»Libia, Renzi: «Non è il momento
di un intervento militare»
Il premier auspica: «Saggezza, prudenza e nessuna reazione isterica»
E chiede di aspettare l’Onu: «Le Nazioni unite sono più forti dei miliziani dell’Isis»
«La situazione è difficile ma non è tempo per una soluzione militare». Così il premier Matteo Renzi è intervenuto, in un’intervista al Tg5, sulla linea del governo dopo gli ultimi sviluppi in Libia. «Il Paese è fuori controllo» ha detto il presidente del Consiglio che ha raccomandato «saggezza, prudenza e senso della situazione: non si passi dall’indifferenza totale all’isteria, alla preoccupazione irragionevole». «Da tre anni in Libia la situazione è fuori controllo – ha continuato – lo abbiamo detto in tutte le sedi e continueremo a farlo. Ma la comunità internazionale, se vuole, ha tutti gli strumenti per poter intervenire. La proposta è di aspettare il Consiglio di sicurezza Onu. La forza delle Nazioni unite è decisamente superiore alle milizie radicali». «In Libia – ha concluso Renzi – non c’è un’invasione dello Stato islamico, ma alcune milizie che combattevano lì hanno iniziato a fare riferimento a loro».
Il colloquio con al-Sisi
Il premier Matteo Renzi ha avuto stamane un lungo colloquio telefonico con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi. Al centro la lotta contro il terrorismo, con particolare riguardo agli ultimi sviluppi della crisi libica e ai passi politici e diplomatici, si legge in una nota di Palazzo Chigi, «per riportare sicurezza e pace nel Paese».
L’attacco di Salvini
Il leader della Lega Matteo Salvini attacca il governo: «L’esecutivo Renzi è pericoloso, parla di guerra a vanvera e ha il ministro Alfano che dice che le mie parole sono incommentabili e stamani in un’intervista ammette che c’è la possibilità che tra i clandestini si nascondano terroristi». «Ho solo detto – ha continuato il leader leghista – di soccorrere e aiutare i clandestini in mare ma di non farli sbarcare». E infine un nuovo affondo contro il governo: «Parla di guerra e poi facciamo i traghettatori per conto dell’Isis?».
Meloni: «Ora stop all’accoglienza»
Sulla stessa linea la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni che chiede di interrompere l’accoglienza ai profughi «finché l’Isis non sarà cacciato dalle coste libiche. L’Isis gestisce il traffico – ha detto Meloni – quindi stop totale all’accoglienza dei profughi finché l’Isis non sarà cacciato dal Nord Africa. Perché va bene tutto, ma i flussi migratori li vogliamo scegliere noi e non farceli imporre dagli integralisti».
Grillo: «In guerra ci vada Renzi»
«Se Renzie vuole la guerra ci vada lui con Napolitano. Vedendoli, l’Isis si farà una gran risata e ci risparmierà. No alla guerra in Libia». Lo ha scritto su Twitter il leader del M5S Beppe Grillo :«Non spetta al Governo decidere se entrare in guerra ma ancora al Presidente. Aspettiamo un monito dal Presidente, anche piccolo piccolo, al bulletto di Rignano. No alla guerra».
Nel Partito democratico
Nel Pd prime voci critiche all’eventualità di un intervento militare in Libia. L’esponente della minoranza Pippo Civati ha detto: «Si parla di combattere, a me questo linguaggio non piace e non penso che si debbano mettere le cose in questi termini. Consiglio a tutti prudenza, pensando che proprio la Libia pochi anni fa è stata oggetto di un’operazione militare non risolutiva».
Il dibattito in Parlamento
La discussione sulla situazione in Libia dovrebbe tenersi giovedì. «Troppo tardi, è inaccettabile» ha detto il capo dei deputati leghisti Massimiliano Fedriga. Il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta ha scritto alla presidente della Camera per chiedere che sia messo immediatamente in calendario un intervento del governo: «Gli ultimi giorni hanno rappresentato il momento di crisi peggiore da quando i fondamentalisti dell’Isis hanno preso di mira l’Europa». Sel intanto ha definito la sua posizione: «È necessario – ha dichiarato il capogruppo Arturo Scotto – un negoziato, coinvolgendo tutti gli attori della regione. Successivamente, si può procedere alla creazione di una missione di peace keeping sotto la direzione delle Nazioni Unite. Questa è la posizione che proporremo giovedì prossimo».
tratto da www. corriere.it

Salerno: Consiglio Comunale su decadenza Vincenzo De Luca

cartelli x de luca

Non manca il fair play nel consiglio comunale che dichiara decaduto Vincenzo De Luca da sindaco di Salerno dopo oltre due ore di scaramucce tra maggioranza ed opposizione. Chi si alza per intervenire premette gli auguri di buon lavoro ad Enzo Napoli, che per la prima volta siede sullo scranno più alto dell’assemblea municipale di Salerno, come sindaco facente funzioni, al posto di De Luca. Ma dopo il bon ton istituzionale partono gli interventi “politici”, quasi a carattere elettorale, che vedono succedersi quasi tutti i consiglieri di opposizione e qualche voce dalla maggioranza a difendere d’ufficio la posizione dell’amministrazione comunale.
Sotto forma di raccomandazioni prima e di interrogazioni poi, il consigliere Provenza chede più attenzione al carcere di Fuorni ed ai detenuti, Gagliano ricorda il milione per ristrutturare il campo XXIV maggio a S.Eustachio e dice che una legge non può ribaltare il voto popolare (chiaro riferimento alla Severino e al caso De Luca). Adinolfi a più riprese sottolinea la presunta illegittimità della nomina di Napoli a vicesindaco, poiché il rimpasto di giunta avrebbe dovuto rispettare la legge del 2014 sulle quote rosa; ma qui il collega Di Carlo, dalla maggioranza, gli ricorda che la giunta non è stata rinnovata, semmai soltanto integrata. E se Cammarota insiste sulla sospensione degli accertamenti catastali da parte della Soget e sui ricorsi che i cittadini possono azionare, Celano chiede più rispetto e sobrietà rispetto al passato, ricordando che la decadenza del sindaco De Luca comporta in automatico anche la decadenza di tutti gli incarichi di staff, che non possono ritenersi in essere. Sul punto la maggioranza tace. Archiviata questa lunga fase, il presidente del consiglio comunale, Antonio D’Alessio, dà notizia della sentenza della Corte d’Appello: De Luca è ufficialmente decaduto, in carica c’è Enzo Napoli. Il resto sono dichiarazioni pre-elettorali, di chi già pensa alla candidatura per le comunali da tenersi subito, a maggio, o il prossimo anno . Ma questo lo deciderà il ministero dell’Interno entro o dopo il 24 febbraio. E’ tutta lì la questione.
I consiglieri comunali hanno preso atto della sentenza della Corte d’Appello che ha dichiarato la decadenza di Vincenzo De Luca dalla carica di primo cittadino in quanto incompatibile con l’incarico di vice ministro alle Infrastrutture e Trasporti nel governo Letta. “Ognuno – spiega il presidente del Consiglio comunale Antonio D’Alessio – ha preso la parola. Si è trattato di una presa d’atto. Noi abbiamo rispettato i tempi richiesti dalla Prefettura. Ora spetta al Ministero fare il resto”. La delibera sarà, infatti, trasmessa in Prefettura e da lì al ministero dell’Interno. Si apre così ufficialmente l’iter al termine del quale si dovrà decidere se Salerno debba andare o meno alle elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale già il prossimo 17 maggio. Sui futuri scenari di questa amministrazione, Enzo Napoli precisa che “non cambia assolutamente nulla.

Io, in qualità di facente funzioni, ho sostenuto che si tratta di un consiglio comunale che vorrà procedere per portare avanti il programma della amministrazione De Luca, sindaco eletto con il 75% dei voti della città. C’è un consenso importante che la città ha voluto dare al suo rappresentante. Noi, come una sorta di ‘intelligenza collettiva’ fatta di assessori, consiglieri, dirigenti, faremo il nostro dovere fino in fondo motivati da grande spirito di servizio per ultimare il programma che ha portato al successo l’amministrazione in carica. Noi – rimarca Napoli – vogliamo lavorare fino all’ultimo secondo possibile per quanto riguarda il mandato che ci viene dato”. A suo giudizio ”possiamo votare anche dopodomani, non c’è alcun problema. Possiamo affermare con sicurezza che abbiamo la coscienza a posto. Abbiamo operato bene, abbiamo portato avanti un ambizioso programma di opere pubbliche che però va ultimato. Non vorrei che per meccanismi estranei alla politica si perdesse del tempo utile che invece non va sprecato”.

Tratto da www. salernonotizie.it

Riforme, polemiche sulla seduta fiume alla Camera. M5s non partecipa alle votazioni

Riforme: Camera, M5S non partecipa a votazioni

Boschi: “avanti con un unico obiettivo: cambiare l’Italia”
Tensione in Aula alla Camera impegnata in una seduta fiume (ottenuta ieri dalla maggioranza tra le polemiche) per chiudere sulle riforme costituzionali.

La seduta, teoricamente senza soluzione di continuità, è stata sospesa per ‘cause tecniche’ in nottata, e dalle 9 è ricominciato l’esame degli emendamenti al testo. Trattandosi di una seduta unica rispetto a quella di ieri, l’opposizione stamani non ha potuto presentare alcun subemendamento ostruzionistico. Polemiche per la mancanza di numero legale in avvio di seduta con la presidente Boldrini che avrebbe espresso “irritazione” per le assenze.

Nella serata di ieri in Aula si è sfiorata la rissa tra esponenti della Lega e di Ncd dopo che questi ultimi hanno appoggiato la proposta di seduta-fiume.

Il Movimento cinque stelle è sulle barricate e ha annunciato di non voler partecipare alle votazioni. “Noi di M5S – ha detto la parlamentare del movimento, Fabiana Dadone – non prenderemo parte alle votazioni. Staremo in Aula ma non voteremo per non avallare la gravissima votazione sulla seduta fiume”. Siamo stati più che disponibili e continuiamo ad esserlo ma fino a quando non avremo risposta non parteciperemo a questa pagliacciata”, sottolinea Dadone.

No alla Costituzione cambiata con una prova di forza, va all’attacco anche Fi. “La modifica della Costituzione – si chiede polemicamente il capogruppo azzurro alla Camera Renato Brunetta – può essere strumentalizzata per una prova di forza sulla tenuta di un governo? O non dovrebbe essere semmai la solidità di una maggioranza politica vera, radicata, non occasionale, legittimata attraverso meccanismi elettorali non viziati, una maggioranza che prova anche a dialogare con le opposizioni, il presupposto per la delicatissima operazione che è la riforma della legge delle leggi? Guardando a quanto sta succedendo in questi giorni è evidente che siamo nel primo scenario. E solo chi è intellettualmente disonesto può negare che si tratti di uno scenario preoccupante dal punto di vista democratico”.

Alle polemiche replica via twitter il ministro Maria Elena Boschi: “Ieri – twitta – al lavoro fino a notte inoltrata alla Camera. Si ricomincia stamani con un unico obiettivo: cambiare l’Italia”. Al messaggio Boschi accompagna l’hashtag “#lavoltabuona”.

Oltre alla questione dell’ostruzionismo, sulle riforme restano comunque da sciogliere ancora alcuni nodi dentro la stessa maggioranza. Due i capitoli principali, su cui insiste la minoranza Pd: quello legato alle norme transitorie per il ricorso preventivo alla Corte costituzionale in materia di legge elettorale e quello relativo alla possibilità di scorporare le spese per investimenti dal pareggio di Bilancio previsto in Costituzione, a cui si aggiungono i capitoli relativi al procedimento legislativo, alle competenze Stato-Regioni nonché quello relativo al quorum necessario per la dichiarazione di guerra.

Per quanto riguarda il cosiddetto sindacato di costituzionalità all’interno dello stesso Pd si confrontano diverse posizioni: il testo attuale prevede che sia necessario 1/3 dei parlamentari per chiedere una valutazione preventiva alla Corte costituzionale delle riforme del sistema di voto mentre tra gli esponenti della minoranza Dem c’è chi vorrebbe portare l’asticella a 1/10 e chi addirittura vorrebbe che il meccanismo fosse automatico, prevedendo tra l’altro che possa valere anche in via transitoria per l’Italicum.

Intanto l’Italicum è stato assegnato il 5 febbraio scorso alla commissione Affari Costituzionali della Camera guidata dall’azzurro Francesco Paolo Sisto. Ma – secondo quanto viene spiegato – non sarà all’ordine del giorno dei lavori della commissione prima di marzo. Dopo l’ok del Senato il governo, come ha ricordato anche di recente il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, considera il testo blindato e non vuole modifiche. La minoranza Dem, però, insiste sulla necessità di cancellare i capilista bloccati (un meccanismo che – accusa – di fatto ripropone il difetto del Porcellum di creare un Parlamento di nominati). Il testo prevede il premio di maggioranza alla lista che supera il 40% dei voti. Secondo turno tra i due partiti piu’ votati se nessuno supera quella soglia. Sbarramento al 3% e capilista bloccati.

Tratto da www. ansa.it

Evasori, arriva il “grande fratello” che controllerà conti, carte e acquisti

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Entro fine mese le banche trasmetteranno i dati all’Agenzia delle entrate, che potrà redigere le “liste selettive” di contribuenti da monitorare
empi duri per gli evasori. Il fisco avrà presto a disposizione tutti i dati finanziari dei contribuenti. Già fissate le date entro cui banche e intermediari finanziari dovranno fornire i numeri all’Archivio dei Rapporti, la grande banca dati utilizzata per gli incroci fiscali. Il 28 febbraio la prima scadenza su movimentazioni di conti correnti, depositi, fondi pensione, derivati, cartedi credito, acquisti di rilievo, cassette di sicurezza.
Al riguardo, c’è un provvedimento firmato dal direttore dell’Agenzia delle entrate Rossella Orlandi. Entro il 28 febbraio dovranno essere comunicati i dati 2013, entro il 29 maggio quelli del 2014. Poi, a partire dal 2016, dovranno arrivare le informazioni relative all’anno precedente, da consegnare entro il 15 febbraio.

Nasce la superbanca dati – Va così a regime la “super banca dati”, che sarà alimentata dalle informazioni dei rapporti finanziari dei contribuenti italiani. Banche, Poste, Assicurazioni, Sim e tutti gli intermediari finanziari saranno chiamati ad alimentarla con dati aggiornati. Nulla sfugge all’archivio, che però è blindato secondo regole di sicurezza e privacy: conti correnti, depositi, ma anche contratti derivati, fondi pensioni, ricariche telefoniche, carte di credito e acquisti di oro e preziosi.

Come funziona il meccanismo – In particolare gli intermediari devono inviare il codice identificativo del rapporto, il saldo di inizio e fine anno, l’importo totale dei movimenti attivi e passivi dell’anno. E il fisco utilizzerà questi dati per creare “liste selettive” di contribuenti sui quali accendere un faro, ma anche per effettuare con maggiore velocità i controlli fiscali risalendo alle “posizioni” finanziarie per i singoli contribuenti.

Al momento, le comunicazioni, mensili e annuali, viaggiano su un doppio binario: mensilmente tramite Entratel e Fisconline, annualmente tramite Sid (il nuovo Sistema di interscambio dati). Dal 21016 tutto viaggerà tramite Sid. Il provvedimento appena preso specifica inoltre che, con il nuovo sistema, le segnalazioni mensili conterranno anche il codice univoco del rapporto oltre alle informazioni del tipo e natura e dei soggetti collegati.

Calendario di scadenze e invio dati – E’ stato poi elaborato il calendario degli invii, confermando i termini per le informazioni mensili, ma prevedendo che, per i dati annuali, gli operatori hanno tempo fino al 28 febbraio per l’invio di quelli relativi al 2013 e fino al 29 maggio 2015 per quelli relativi al 2014. A regime, la comunicazione andrà effettuata, tramite il Sid e un unico tracciato, entro il 15 febbraio dell’anno successivo a quello cui si riferiscono le informazioni.

Sono inoltre state stabilite le regole da osservare in caso di operazioni straordinarie, scissioni totali e cessioni del ramo finanziario o di azienda; cessazione attività senza confluenza in un altro operatore finanziario; procedure concorsuali o di liquidazione volontaria.

Ad avere accesso alla mega banca dati saranno comunque solo pochissimi funzionari, una ventina: le eventuali anomalie non potranno dare il via ad accertamenti, ma potranno servire a corroborare eventuali sospetti. Non però a far scattare un’indagine.

Tratto da www. tgcom24.mediaset.it

Dossier, missioni, udienze politiche. Così Mattarella prepara l’agenda

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 La prima notte da solo nel palazzo. Poi al lavoro nello studio con la storica segretaria

ROMA – L’altra sera, quando gli amici e i collaboratori se ne sono andati e gli staffieri si sono congedati, il presidente ha cominciato a sperimentare quale solitudine lo aspetta nei prossimi sette anni. Si è chiuso nell’appartamento dove hanno abitato i suoi predecessori, al secondo piano della palazzina che papa Clemente XII commissionò all’architetto Ferdinando Fuga, all’estremo angolo sud del Quirinale, e prima di mettersi a letto ha dovuto arrangiarsi in tutto. Valige a parte, anche per le telefonate. E pur considerando che Sergio Mattarella è da tempo abituato a star da solo, si può dare per scontato un suo sottile disagio, dovendo muoversi in spazi enormi e sontuosi, dove nelle 24 ore si alternano rimbombi estranei (lo sbatter di tacchi, lo zoccolio dei cavalli, gli squilli di tromba) e alienanti silenzi. Non per nulla Cossiga ripeteva che «quel palazzo isola» e che lui ci aveva vissuto «con l’oppressiva sensazione d’essere la comparsa di un film storico… in costume».
La prima uscita
Tutto si è rianimato ieri mattina, quando il capo dello Stato è sceso nel suo studio per affrontare la prima giornata di lavoro sul Colle. C’è parecchio da fare: dossier da chiudere, programmi da definire, udienze da calendarizzare. La prima uscita è per stamane, a Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, ma lì il cerimoniale non ha messo in conto che parli. Mentre la prossima settimana andrà a Palazzo dei Marescialli, per presiedere un delicato plenum del Consiglio superiore della magistratura. L’unico altro appuntamento sicuro si proietta lontano, al 26 febbraio, giorno d’arrivo sul Colle del segretario generale della Nato, il norvegese Jens Stoltenberg. Per il resto l’agenda di Mattarella è ancora da riempire. Di sicuro, è prevedibile a breve un faccia a faccia con Matteo Renzi, per una verifica sull’attività parlamentare e sul percorso delle riforme. Mentre restano da definire le date degli incontri chiesti martedì da Beppe Grillo e Silvio Berlusconi.
E anche per quanto riguarda i viaggi fuori Roma, l’unico al momento prevedibile sarà in Sicilia (ma privatissimo), per recarsi sulla tomba della moglie Marisa, a Castellamare del Golfo, e poi a Palermo, per prendere da casa qualche libro e alcune carte personali.
Sono in molti a chiedere già a Mattarella, appena insediato, interventi censori o di sostegno ai provvedimenti messi in cantiere dal governo. Ci sono in ballo materie controverse: l’Italicum, la riforma del Senato, il decreto fiscale, le misure per l’economia. Si pronuncerà a modo suo, facendo una prudente economia di parole, probabilmente attraverso una moral suasion preventiva con le diverse forze politiche e con lo stesso Palazzo Chigi. E, appunto, senza fuochi d’artificio verbali. Del resto, quello di essere sempre sotto pressione è un po’ il destino di ogni capo dello Stato: le opposizioni pretendono che faccia quel che loro non riescono a fare, la maggioranza che la tuteli come primo partigiano del governo. Atteggiamenti che, se non s’imporrà la «correttezza» da lui chiesta a tutti l’altro ieri, potrebbero rendere difficile la sua opera di «arbitro imparziale».
Le lettere di ringraziamento
Per il momento la sua priorità è capire fino in fondo come funziona la «macchina» del Quirinale e comporre la squadra che dovrà assisterlo. La prima persona che lo affianca è la sua vecchia segretaria di quando dirigeva Il Popolo : Leandra Tobini. Alla quale ha dettato le prime risposte alle tante lettere d’apprezzamento ricevute nelle scorse ore. Gli hanno fatto piacere, dicono i suoi collaboratori. «Perché dimostrano che il senso profondo del suo messaggio è stato compreso».

tratto da www. corriere.it

La strada stretta dell’ex premier e la partita dell’azienda di famiglia

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La rottura dell’accordo con Renzi va inquadrata oltre il recinto della politica. Gli amici: ha fatto più questo governo per le tue aziende che i tuoi ministri
ROMA Berlusconi non ha rotto il patto del Nazareno, ha rotto lo specchio che avrebbe dovuto magicamente trasformare la proiezione dei suoi desideri in realtà. È la fine di un incantesimo di cui Renzi si è servito prima di porre il suo «alleato di opposizione» dinnanzi al bivio del prendere o lasciare. E se è vero che agli occhi del leader di Forza Italia il premier ha assunto le sembianze di «una iena», è altrettanto vero che nell’ultimo lunedì di Arcore – quello dedicato ai figli e agli amici di una vita – c’è stato chi ha ricordato al padrone di casa come, «nonostante tutto, questo governo in un anno ha fatto per le nostre aziende molto più che i tuoi ministri in dieci anni».
Eppoi certo, l’opinione comune a quel desco era che – per quanto bravo e sveglio – di Renzi non ci si dovesse fidare ciecamente, sebbene il moto istintivo che appartiene a Marina Berlusconi non fosse un consiglio, tantomeno una critica rivolta al genitore, che invece in Renzi credeva e a Renzi credeva. Semmai è stato un gesto solidale in vista della decisione: «Fai la cosa giusta». E il padre, che si è sentito tradito, ha mandato in frantumi lo specchio, destandosi da un sogno che era a sua volta il sequel di un altro sogno.
Ma davvero era solo un sogno? Perché in tal caso la rottura tra il premier e l’ex premier andrebbe confinata nel recinto della politica, alla partita sul Quirinale: «E il patto – dice Berlusconi – è che non si sarebbe proceduto oltre se io non fossi stato d’accordo sulla scelta». Non c’è dubbio che abbia commesso degli errori nella trattativa, come sostiene Gianni Letta, secondo cui «non ci si siede al tavolo con un solo nome». Però alla vigilia del voto in Senato sulla legge elettorale – quando Renzi aveva estremo bisogno di Forza Italia – la vicesegretaria del Pd Serracchiani disse in un’intervista radiofonica che «il prossimo presidente della Repubblica lo voteremo insieme a Berlusconi».
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Le cose sono andate diversamente, anche se l’ex premier è convinto che Renzi abbia fatto male i conti con il successore di Napolitano, «perché lui pensa di trarne vantaggio, ma non sarà così. Mattarella è un cattolico integralista e alla lunga questa scelta gli si ritorcerà contro». Si vedrà, e comunque sono valutazioni che stanno ancora tutte dentro il perimetro della politica. Il punto è se c’era e c’è dell’altro, oltre l’intesa sulle riforme costituzionali e l’Italicum. Bisognerebbe forse seguire le tracce lasciate dall’avvocato-onorevole Ghedini negli ultimi tempi per verificare se quello di Berlusconi era davvero solo un sogno.
È un percorso punteggiato da indizi lasciati sul sentiero: senza andar dietro i boatos sulle modifiche alla legge Severino e sulla prescrizione, andrebbe capito come mai – a ridosso della sfida per il Colle – è stato perso del tempo per raccontare all’ex premier la storia del comandante partigiano comunista Moranino, scappato in Cecoslovacchia dopo una condanna per omicidio plurimo aggravato ai tempi della Resistenza, e graziato da Saragat appena salito al Quirinale. Ecco lo specchio dove Berlusconi vedeva i suoi desideri prender corpo. Era solo un incantesimo? Perché è stato Renzi a tracciare il solco del decreto fiscale, ed è andata la Boschi in tv a difenderlo. Perché il premier l’altra sera a «Porta a Porta» ha accennato all’affaire Telecom-Mediaset dopo aver detto che «sulle riforme non mi faccio ricattare da Berlusconi».
Nonostante questi segnali, il cristallo si è ugualmente rotto. E appena ieri se n’è sentito il frastuono, nel dibattito politico si è inserito un sottosegretario di solito silenzioso come il democratico Giacomelli, che nel governo ha una delega particolare, l’emittenza: «Sono dispiaciuto che si possa interrompere un clima positivo». Confalonieri conosce Giacomelli, una volta lo descrisse come «un politico pragmatico e lontano dai furori ideologici», e si disse perciò convinto della bontà della linea del governo, «improntata alla difesa delle aziende italiane, che sono un patrimonio nazionale».
Quando i suoi collaboratori gli hanno consegnato quel dispaccio di agenzia, il patron del Biscione si è chiesto se la dichiarazione fosse una casualità o un avvertimento, che ribalterebbe l’accusa sul conflitto d’interessi per venti anni addebitata a Berlusconi. «Lasciamo che la polvere si posi», si è limitato a dire, senza far capire quale risposta si fosse dato. Perché, se lo specchio si è rotto, in qualche modo il patto può ancora essere politicamente reincollato.
È Berlusconi che dovrà decidere, dopo aver urlato l’altra sera in faccia a Verdini la sua rabbia: «Mi hai portato in un vicolo cieco». No, lo portò al Nazareno, dove Renzi prima lo adulò, «qui sono circondato da milanisti», poi lo dileggiò alle spalle: «Voleva Amato, allora mi son fatto vedere con Cantone e si è messo paura che lo volessi davvero candidare al Quirinale». Un anno dopo a Berlusconi è chiaro che quel patto non era la sua «legittimazione». Era una gabbia da cui ora è difficile uscire. Infatti ha rotto lo specchio, non il patto.

trattoda www. corriere.it

Quirinale, le dimissioni di Napolitano Renzi: «Il successore a fine mese»

napolitano si dimette
Alle 10.35 il capo dello Stato firma la lettera con cui lascia il Colle dopo quasi nove anni
Il 29 gennaio la prima seduta del Parlamento per l’elezione del nuovo presidente Quirinale, le dimissioni di Napolitano
Renzi: «Il successore a fine mese»
Alle 10.35 il capo dello Stato firma la lettera con cui lascia il Colle dopo quasi nove anni
Il 29 gennaio la prima seduta del Parlamento per l’elezione del nuovo presidente
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è dimesso e ha lasciato il Quirinale dopo quasi nove anni. Fu eletto la prima volta al Colle il 15 maggio 2006, la seconda il 20 aprile 2013, su richiesta di un ampio schieramento parlamentare, in difficoltà nella scelta del successore. Napolitano, che compirà novant’anni a giugno, è stato il primo presidente eletto per due mandati nella storia della Repubblica italiana (qui il suo percorso al Colle).Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano si è dimesso e ha lasciato il Quirinale dopo quasi nove anni. Fu eletto la prima volta al Colle il 15 maggio 2006, la seconda il 20 aprile 2013, su richiesta di un ampio schieramento parlamentare, in difficoltà nella scelta del successore. Napolitano, che compirà novant’anni a giugno, è stato il primo presidente eletto per due mandati nella storia della Repubblica italiana (qui il suo percorso al Colle).
La lettera e la cerimonia
Alle 10.35 Napolitano firma la lettera di dimissioni. Poco dopo, il segretario generale della Presidenza della Repubblica, Donato Marra, lascia il Colle per consegnare il documento ai presidenti di Camera e Senato e al capo del Governo. Piero Grasso, presidente dell’Aula di Palazzo Madama, è il primo a ricevere la lettera e da quel momento detiene la supplenza del capo dello Stato. Verso mezzogiorno viene ammainata la bandiera con lo stemma della Presidenza della Repubblica. Napolitano nel cortile del Quirinale riceve gli onori dal picchetto delle forze armate e una copia dello stendardo presidenziale. Poi, si mette in marcia con la moglie Clio verso la loro casa nel Rione Monti, e una nuova fase della vita.
Esplora il significato del termine: Omaggi e ringraziamenti
Fin dalla mattina sono molti i personaggi della vita pubblica italiana e i leader stranieri a salutare e rendere un tributo a Napolitano. #GraziePresidente twitta il premier Matteo Renzi subito dopo le dimissioni. E Angelino Alfano, parlando a Radio anch’io: «Abbiamo apprezzato moltissimo il sacrificio fatto due anni fa quando è stato rieletto e so che la sua fatica era sincera. Un grande presidente». «Rispetto e gratitudine» esprimono Gianluca Susta e Andrea Mazziotti, capigruppo di Scelta Civica al Senato e alla Camera. Sergio Chiamparino, presidente della Conferenza delle Regioni, ricorda dell’ex capo dello Stato «il profondo senso delle istituzioni, unito a ineguagliabili doti di grande equilibrio».
Un pensiero per Napolitano arriva anche dal Papa. Dal suo viaggio nello Sri Lanka Francesco parla di un’«azione illuminata e saggia», che «ha contribuito a rafforzare nella popolazione gli ideali di solidarietà, unità e concordia».Omaggi e ringraziamenti
Fin dalla mattina sono molti i personaggi della vita pubblica italiana e i leader stranieri a salutare e rendere un tributo a Napolitano. #GraziePresidente twitta il premier Matteo Renzi subito dopo le dimissioni. E Angelino Alfano, parlando a Radio anch’io: «Abbiamo apprezzato moltissimo il sacrificio fatto due anni fa quando è stato rieletto e so che la sua fatica era sincera. Un grande presidente». «Rispetto e gratitudine» esprimono Gianluca Susta e Andrea Mazziotti, capigruppo di Scelta Civica al Senato e alla Camera. Sergio Chiamparino, presidente della Conferenza delle Regioni, ricorda dell’ex capo dello Stato «il profondo senso delle istituzioni, unito a ineguagliabili doti di grande equilibrio».
Un pensiero per Napolitano arriva anche dal Papa. Dal suo viaggio nello Sri Lanka Francesco parla di un’«azione illuminata e saggia», che «ha contribuito a rafforzare nella popolazione gli ideali di solidarietà, unità e concordia».
Le voci critiche
Ma c’è anche un fronte critico. «Uno dei peggiori presidenti della Repubblica, rinunci alla carica di senatore a vita», fanno sapere in una nota congiunta i capigruppo M5S di Camera e Senato, Andrea Cecconi e Alberto Airola. Non è stato «garante» e per questo «non lo rimpiangeremo», aggiungono. Dura anche Daniela Santanché di Forza Italia: «Bye bye Napolitano. L’Italia si libera di un presidente della Repubblica che prima di entrare al Quirinale si è dimenticato di togliersi la giacchetta della sinistra. Colpevole, tra i colpevoli, di non aver fermato la persecuzione politica e giudiziaria nei confronti di Silvio Berlusconi». «Intelligente e vispo fino alla fine – interviene Umberto Bossi -. La sua colpa è stata far cadere il governo Berlusconi per mettere Monti a Palazzo Chigi e, soprattutto, far saltare il federalismo fiscale». «Chi dopo Napolitano? #nonunaltrodisinistra» scrive su Facebook il segretario della Lega Nord Matteo Salvini.
La successione
La presidente della Camera Laura Boldrini ha fatto sapere che la prima votazione per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica si terrà il 29 gennaio alle 15. «A fine mese dovremo avere il nome del nuovo presidente», prevede Renzi. Il nuovo capo dello Stato viene eletto dal Parlamento in seduta congiunta (integrato da 58 rappresentanti delle Regioni). Un test importante per Renzi, premier e segretario del Partito democratico. Nel 2013 Pier Luigi Bersani non riuscì a far eleggere i sui candidati Franco Marini e Romano Prodi. Dopo poco si sarebbe dimesso da segretario e sarebbe nato il governo delle large intese.
Non si fermano intanto le ipotesi su chi potrebbe diventare il prossimo capo dello Stato (Qui l’analisi di Francesco Verderami). Tra i nomi che circolano c’è il presidente della Bce Mario Draghi, che proprio mercoledì mattina, in un’intervista alla Zeit, ribadisce però di non voler succedere a Napolitano: «È un grande onore naturalmente per me essere preso in considerazione – spiega – ma non è il mio lavoro».

Tratto da www.  corriere.it